lunedì 29 settembre 2008

La storia dei Minipolifonici IV PARTE


(Leggi la I, la II, la III parte)
Entra in scena il Coro misto
Non voglio dilungarmi troppo nel raccontarvi la nostra storia ma al tempo stesso non voglio correre il pericolo di trascurare eventi storici legati soprattutto a ciò che per molti anni caratterizzò la componente umana dei Minipolifonici, ma volare leggero nel cielo dei ricordi, dove è più facile capire meglio molte cose; allora, tutto ciò che insieme si è fatto assume un significato magico, gli avvenimenti, tutti, anche quelli non previsti, accaddero e investirono, riempiendolo dei più svariati sentimenti, il nostro cuore. Ci beammo degli affetti, ci esaltammo dei trionfi, soffrimmo nei contrasti e giorno dopo giorno contribuimmo tutti a scrivere un pezzetto di questa nostra storia.
Con l’autunno del 1972 prese il via l’attività del Coro misto.
Volete i nomi? Ci provo, spero di non fare troppe, anche se involontarie, omissioni.
Teresa e Mario, naturalmente, poi Luisa, Daniela e Annamaria, (le tre sorelle Demattè), Serena, Maria, un’altra Annamaria, Donata, Daniela, Enrico, Gabriella (la Lella), Vincenzo, Guido, Guglielmo (Googa), Roberto, Matteo, Ettore, Ugo, Maurizio, Massimo, cui si aggiunsero quasi subito Franco, Gabriele, Stefano, Marco, Gabriele (il Bebe)...
Per un po’ fummo ospiti nei locali concessi alle voci bianche, poco dopo, soprattutto in considerazione degli orari serali delle prove, ci trasferimmo a casa mia.
Breve periodo, per poi trovare affettuosa e generosa ospitalità in casa Stelzer, genitori di Gabriele, Franco e Giuliano.Tante prove, tante partiture, tante fotocopie, e quelle chi ce le procurò? il dottor Mario Stelzer, il padrone di casa; è stata per noi una Provvidenza.
Diversi, fra quei cantori non avevano mai cantato, non essendo stati nelle voci bianche e per loro cantare “suonava” tutto nuovo.
Venne a costituirsi un gruppo di amici: giovani (mi ci metto anch’io, avevo trentadue anni) e ragazzi, che si tramutò in una “forza”.
Casa mia era diventata un luogo di quotidiana convergenza, a tutte le ore, dopo le prove, i sabati, le domeniche, e lì presero vita, concretizzandosi, innumerevoli iniziative corali e non.
La parola più frequente era: “Vado dal Conci”.
Con questo nuovo coro, nel 1974, rischiammo pure un concorso a Tosculano Maderno.
Prima di farvi sapere come andò, non me ne voglia Stefano, desidero narrarvi un aneddoto, buffo a lui riferito.
(Certo che a ripensarci ora, considero che fossimo un bel po’ sprovveduti, incoscienti, anche se felicemente spensierati).
La sera prima di partire concordammo l’orario di raduno davanti al pullman (le solite cose che fanno parte di tutti i viaggi in comitiva).
La mattina, bene o male, all’ora giusta c’erano tutti... no, mancava uno: Stefano. Strano! aspettammo ancora un po’ (allora non c’erano i cellulari). Superato il tempo massimo, decidemmo di partire, anche perché il concorso si svolgeva tutto in una giornata: mattina eliminazioni, pomeriggio concorso.
Potete immaginarlo, ero fra il preoccupato e l’arrabbiato.
Arrivammo a Tosculano in tempo per le eliminatorie e Stefano non c’era.
Pranzammo, o stavamo pranzando, non ricordo, che arrivò Stefano, sudato, imbarazzato (“beh, perlomeno è arrivato” mi dissi). Cos’era successo? Fantastico!: Stefano si alza la mattina, tranquillamente, come sempre, in bagno, davanti allo specchio, si rade fischiettando le note de “Il bianco e dolce cigno”, brano preparato per il concorso, naturalmente fischiettava la sua parte, quella del tenore: Il bianco e dolce cigno cantan...! improvvisamente si ricorda... “Il concorso!”... “Ca...pperi” “P... dirindindina!” Mamma mia... “C...orbezzoli!” e via tutte le imprecazioni del repertorio di un ragazzo ventenne.
Ora l’accorcio: non si perse d’animo, rassegnato a dover ormai saltare l’eliminatoria, dette per scontato che saremmo stati ammessi in finale (che caro!), fece di tutto per arrivare in tempo: prese la bicicletta, constatò che con quella non sarebbe mai arrivato, fece autostop e dopo quattro, cinque ore di viaggio si presentò al suo coro. L’avrei pestato...no, abbracciato!
Partecipò alla finale e anche con il suo apporto vocale vincemmo il terzo premio.
Fummo contenti. Anch’io, pur consapevole di avere ancora moltissimo da imparare (le mie esperienze come direttore di un coro misto, a quel tempo, erano pressoché nulle).
Continuiamo:
Prima di poter disporre di una sede nostra, dovemmo attendere e sperare, quindi continuammo a provare nella accogliente stube della famiglia Stelzer.
Il percorso artistico del coro misto proseguì e si arricchì di nuove esperienze: concerti, rassegne, repertori nuovi sempre più impegnativi e adeguati alla continua maturazione dei cantori.
Iniziò pure l’immissione delle “voci bianche” ormai ex e che premevano per ritornare a cantare.
Con il coro Misto soddisfai il mio sogno: quello di cantare; istituii la sezione maschile e, approfittando dell’esperienza musicale dei miei cantori mi misi assieme ai tenori e ...(cito) “dirigere e cantar, mi vidi assieme”
FINE QUARTA PARTE
(Vai alla V parte)

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