domenica 23 novembre 2008

La storia dei Minipolifonici X PARTE

Lo svilupparsi delle proposte didattiche offerte agli allievi dalla Scuola di Musica penalizzò pesantemente l'afflusso di nuovi cantori nel coro, al punto che, pur bandendo numerose audizioni, visitato scuole, mi vidi costretto a interrompere l’attività del Coro di voci bianche dei Minipolifonici di Trento; ma...:
Era il 1988; una sera, verso le dieci e mezzo squillò il telefono:  “A quest’ora!” dissi, “chi può essere?” Dall’altra parte del cavo una voce: “Qui è il teatro alla Scala, avrei bisogno di parlare con il M° Conci” “Sono io” risposi, “Buona sera, Maestro, le interesserebbe una collaborazione con il Teatro? “... Beh... (salivazione zero... ma controllo) “si...” risposi, “Bene, il M° Muti desidererebbe incontrarla”.
Quella sera ebbe inizio un’altra mia affascinante avventura.
L’impegno presso quel teatro fu ricco di importanti, entusiasmanti esperienze.
Fu emozionante lavorare con vere icone della musica come Riccardo Muti, Gian Andrea Gavazzeni, Zubin Meta, Gary Bertini... Altrettanto emozionante anche se non nuovo per me, fu lavorare con i bambini del Teatro: è vero, i bambini son tutti uguali ma le proposte e gli impegni artistici del Teatro, mi davano quell’indispensabile spinta verso la perfezione che cercai di trasmettere anche a loro.
Mi risposero con mirabile, spontanea immediatezza e dedizione. Ciò mi permise di realizzare, oltre ai normali impegni del Teatro, un ricchissimo repertorio di brani: a cappella, con pianoforte, arpa, organo e orchestra, in virtù dei quali, ogni anno il coro si esibiva in Teatro inserito nel calendario dell'attività concertistica.
Nel periodo di permanenza in Scala, ebbi come referente per la gestione organizzativa delle lezioni ai cantori, un valido, rispettoso e sempre puntuale appoggio dal prof. Piercarlo Reali, con il quale si instaurò un rapporto di reciproca stima e affetto. 
Nel 1993 la Scala chiuse il coro di Voci bianche e trasferì la gestione dello stesso al Conservatorio di Milano. Un dramma? per niente! mi dispiacque, è vero, lavorare presso quel Teatro è stato bellissimo, ho imparato molto, stimolato da programmi impegnativi, di prestigio e di conseguenza prodighi di soddisfazioni professionali.
Ma tutto, prima o poi inizia e tutto, prima o poi finisce. Il dispiacere più grand
e fu per i miei cantori: una cinquantina di bambini ai quali non andava giù dover rinunciare a cantare con me (con Conci, dicevano). Tanto fecero che mi “costrinsero” a fare un coro a Milano.
Come narrai precedentemente, non potendo più avere il coro di bambini a Trento, assieme a mia moglie Eleonora lo istituimmo a Milano e, per mantenere il contatto con i Minipolifonici di Trento, gli demmo lo stesso nome: “I Minipolifonici della città di Milano”.
(Peccato che Trento non accettò e non volle mai riconoscere Milano come un altro pezzo dei Minipolifonici. Proposi numerose occasioni per coinvolgere le due realtà in manifestazioni, concerti, incontri; proposi addirittura di realizzare un “sito” assieme, non solo! proposi di avviare un’attività editoriale per la pubblicazione dei libri di didattica musicale infantile da Eleonora e da me realizzati... nulla!). 
Chiamo in causa ancora la Provvidenza, si, perché ancora lei “provvide” a metterci nelle condizioni di iniziare la storia dei Minipolifonici di Milano alla grande con un importantissimo concerto previsto in dicembre di quell’anno che fu poi trasmesso in eurovisione il giorno di Natale.
Ci mettemmo, quindi, immediatamente al lavoro per allestire il programma richi
estoci.
Nel coro avevo cantori che con me, in Scala avevano preparato Il Parsifal, Pagliacci, Tosca, Boheme, La Mass di Bernstein, Attila, Boris, Pollicino di Henze, Dama di picche... poi, Britten: la Missa brevis e Cermony of Carols, I mottetti di Mendelsohn, Monteverdi..., i Vespri di Michael Haydn, inoltre impegnai l’amico e ottimo musicista Riccardo Giavina che realizzò per il coro due bellissimi lavori: “Da nord a Sud” (raccolta di canti popolari italiani a quattro voci), Araund the word (melodie tradizionali da tutto il mondo sempre a quattro voci), brillantemente eseguiti dai bambini.Non posso licenziare questo importante capitolo riferito alla Scala senza un aneddoto curioso.
Dunque era un 7 dicembre (S. Ambrogio), data importantissima per i milanesi: festa del Santo patrono della città che segna l'inizio della stagione concertistica del Teatro alla Scala. Quel giorno era in programma il Parsifal. I bambini erano impegnati in vari interventi nel corso dell'Opera, per cui io, fra un tempo e l'altro ebbi l'opportunità di uscire e mangiarmi una pizza vicino al Teatro. Indossavo il soprabito blu e sotto avevo lo smoking perché al termine della recita sarei uscito, con Muti, e tutto lo staff per gli applausi. Dopo di me, in pizzeria, entrarono alcuni signori anche loro vestiti in abito da sera; mi guardarono, li guardai e loro, quasi con atteggiamento di complicità mi chiesero: "Anche lei è qui per il Parsifal, eh?" .  Mariti costretti a "esserci" alla Prima!.
Ritorno ai nostri cantori.
Disponevo di ragazzi abituati al palcoscenico, all’impegno e anche alla fatica
Fu comunque un’impresa non facile, anche perché fra quei cinquanta bambini, oltre ai miei allievi, c’erano bambini che pur provenienti dalla Scala erano ancora piccoli e noi comunque non volemmo escluderli dalla manifestazione.
Il repertorio, tutto natalizio, comprendeva brani in varie lingue: latino, tedesco, francese, italiano, inglese, un po’ troppo per i più piccini. Una sera, in una pausa delle prove, una bambina (ricordo ancora il nome: Laura), chiese a mia moglie: “Leo, oggi, cantiamo quella in dialetto?”... per dialetto intendeva Adeste fideles, in latino. Cara!
I Minipolifonici della città di Milano esordirono quella mattina di Natale e fu il primo di successivi altri grandi appuntamenti con la musica e con l’arte. La prima sede fu in via Zuretti, un seminterrato che a noi pareva una reggia, anche perché dedicammo ore, giorni a renderla accogliente punto di convergenza e comune interesse.
La Leo disegnò i mobili, i banchi, i tavoli per le lezioni di lettura, le panche per le lezioni di coro che facemmo poi realizzare presso una falegnameria.
In Scala avevo conosciuto la signora: Anna Luè che faceva l’assistente ai miei cantori. quando istituii il coro dei Mini di Milano le chiesi di continuare a collaborare con me. Era molto brava, energica, telefonava ai cantori per ricordare gli impegni e anche per telef
ono tirava le orecchie a coloro che tardavano o “marinavano” qualche prova. Accompagnò il coro in tutti i viaggi e la ricordo con la borsetta quasi come quella di Mary Poppins dalla quale usciva tutto ciò che in quella specifica occasione fosse stato necessario.
Ebbi, per qualche anno, anche un ottimo collaboratore: il Maestro Bruno Gini, anch’egli molto amato e apprezzato dai bambini che lo avevano come insegnante.
Con lo scorrere del tempo anche qui si presentò il problema dell’abbandono per raggiunti limiti di età e la necessità di raccogliere nuovi cantori. Visitammo scuole pubbliche e private, facemmo audizioni e, un po’ come andare a cogliere fiori, si tornava a casa con nuove anche se timide adesioni.
Fra tutti desidero ricordare Francesca Mette, sorella di Michele, la prima allieva dei Minipolifonici di Milano. Arrivò che era proprio piccolina, al punto che pensai ne fosse venuto solo un "pezzettino"; non ricordo se avesse quattro o cinque anni. Rimase nel coro  nove anni, quindi venne considerata la più "vecchia" meritandosi l'appellativo di “Eva” dei Mini di Milano.
Continua

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma sei davvero sicuro di aver chiuso il coro di Voci Bianche nel 1988? Io ricordo di aver cantato almeno fino al 1990. Quando ho cantato l'Hymne di Mendelssohn era sicuramente il 1990 e il coro è proseguito ancora per un po...
Ricordo i pianti di tutti noi bambini durante il soggiorno in cui ci desti la notizia che andavi a lavorare a Milano!! Sigh, sigh... Che tenerezza!!!