lunedì 29 settembre 2008

La storia dei Minipolifonici III PARTE

1972 - 1973
Il 1972 è stato un anno molto importante per la storia dei Minipolifonici.
Il coro si dotò del distintivo, divenuto il marchio dei Minipolifonici chiunque lo veda riconosce in quel disegno e nella scritta, I Minipolifonici e Nicola Conci.
Un magnifico disegno ideato, realizzato e donatomi dall’amico pittore Gino Novello, a quel tempo mio collega alla scuola media dove insegnavo.
Dopo la vittoria di Prato, mi dedicai subito alla preparazione del concorso di Arezzo. Ancora Arezzo? Beh, sì, mi sentivo corroborato da nuove esperienze e constatavo il continuo progresso musicale e vocale dei cantori. Ne ebbi conferma dal risultato del concorso che assegnò al nostro coro il secondo premio, prima di noi un coro bulgaro: una formazione così strabiliante per tecnica vocale e preparazione musicale, da permetterle di affrontare pagine corali che a me apparivano di sconcertante difficoltà.
Risultato positivo, dunque, per più aspetti: la soddisfazione nell’aver retto con dignità il confronto con questi “mostri sacri” della coralità infantile, un ulteriore incoraggiamento a proseguire nel percorso da me intrapreso e la conferma nella mia convinzione di dare massima priorità alla formazione musicale e vocale dei miei cantori.
Ma torniamo alla storia:
Archiviate le positive esperienze di Prato e Arezzo, mi si presentò un “problema” inatteso: due giovanotti di sedici, diciassette anni, Teresa Braus e Mario Zambotti, studenti presso l’Istituto magistrale A. Rosmini, mi chiesero di istituire il coro misto dei Minipolifonici.
Ero molto titubante; non avevo ancora intenzione di avviare l’attività con questa formazione, pensavo di attendere il naturale avvicendamento e iniziare con gli ex cantori del mio coro.
Qui ci vuole una breve premessa:Nell’Istituto da loro frequentato, l’insegnante di musica Sonia Sirsen, mia carissima amica, eccellente sia come insegnante che direttrice di coro, aveva dato vita a un gruppo corale della Scuola, ottenendo ottimi risultati. Essendo originaria di Trieste, ricevuto l’incarico per l’insegnamento nella sua città, dovette trasferirsi e quella splendida esperienza si concluse con grandissimo sconforto di tutti i cantori.
Teresa e Mario vennero da me, per il desiderio di colmare quel vuoto improvviso. Hanno insistito, insistito al punto che dovetti cedere. Accidenti a loro? No! Grazie a loro!
Iniziò una nuova avventura, un’avventura colma di infinite, splendide emozioni, tensioni, inevitabili fra tante preziose individualità ma sicuramente apportatrice di ulteriori soddisfazioni per tutti. Fu un succedere di iniziative, avventure corali e umane alle quali io devo numerosi momenti di intima gioia.
In tutto questo fui solo? No! Non sono mai stato solo (accettate il gioco di parole): io ero “solo” un musicista, ma trovai tante preziose persone che hanno creduto in me, mi hanno compreso, accettato e silenziosamente assistito, senza di loro i Minipolifonici non ci sarebbero.
Quella che sto raccontando, infatti, non è solo la storia di un coro, delle sue attività, dei suoi concerti, dei suoi trionfi, è la storia di un piccolo, meraviglioso mondo costituito da tante anime che nei Minipolifonici hanno creduto, vissuto, internamente o di riflesso, contribuendo a farne una Istituzione, vanto per la città, luogo di incontro, nel quale la musica era collante per la condivisione di pensieri, gioie, ansie, affetti.
Sento la necessità di ricordare alcuni di questi nomi, nomi storici che a lungo e in vari modi hanno rappresentato punti fermi nella tutela dei Minipolifonici.
Non sciorinerò nomi a caso o in ordine alfabetico, ma ogni tanto ne menzionerò qualcuno collocandolo nel tempo in cui procede la narrazione della storia.
Inizio con Ivo Tartarotti, primo Presidente dei Minipolifonici, egli, senza nulla chiedere, senza particolari garanzie, forse anche senza particolari prospettive, per puro spirito di collaborazione, accettò la carica di Presidente e assieme, iniziammo il cammino, reciprocamente ignari di cosa il futuro avrebbe potuto riservarci.
Lui, e per affettuoso contagio, la sua cara moglie Sara, seguirono le avventure dei piccoli cantori, fra i quali c’era pure loro figlio Massimo, seguirono me per molti anni senza mai interferire, ostacolare, venendomi appresso solo per stima e fiducia.
A loro il primo “Grazie” di questa lunga storia, grazie che verrà implicitamente ripetuto ai prossimi protagonisti.
Accanto a Ivo, per alcuni anni, ha retto le sorti della segreteria e dell’esigua cassa, Paolo Mattedi.
Lui ha dovuto usare molta pazienza con me, io avrei voluto spendere, lui, che lavorava in banca, mi invitava alla prudenza: i soldi erano pochi, sempre troppo pochi, io insistevo: c’è bisogno di questo, di quello... e alla fine cedeva, accontentandomi. Che angelo!
C’è un altro proverbio che dice: “La luna senza sole non risplende, la merce senza soldi non si vende”. Quanto è vero! Io comunque, mai mi preoccupai per i soldi. Certo che ce n’è sempre stato bisogno ma ho avuto anche, sempre, ma proprio sempre, una Provvidenza nascosta nei volti e nei cuori di molte persone.
I primi anni ebbi il grandissimo sostegno di Vigilio Deanesi, genitore di Mauro, Claudia e Paolo.
Quanto mi sia stato di aiuto è difficile quantificare. Per diversi anni ci procurò frutta e verdura nei numerosi soggiorni, mettendoci a disposizione pure furgone, autista, per portare tutto, anche le attrezzature per il soggiorno, nella località prescelta.
Ricordo il sostegno morale del compianto Bruno Banal, genitore di Guglielmo, Gabriele, Marco, Michele, Luca. Egli mi fu vicino sempre, lo ricordo quando accompagnò me e i cantori, nel nostro primo viaggio ad Arezzo, inoltre, proprio il primo anno quando manifestai a lui l’intenzione di portare i cantori quindici giorni in montagna, le sue parole, sagge, rispettose mi incoraggiarono a decidere e dare avvio alla lunga serie di queste avventure.
A proposito di soggiorni, dal primo, nel 1971 all’ultimo nel 2004, la presenza di genitori e persone disponibili a preparare i pasti, col desiderio di portare aiuto, sollievo a me e al mio lavoro, ha rappresentato un altro volto della Provvidenza.
Eccoli quei preziosi, generosi angeli custodi delle mie prime, lontanissime ma dolcemente ancora vive, iniziative corali:
I Coniugi Gianotti, genitori di Roberto, i coniugi Faes, genitori di Maria, Enrico e Giovanna,
Il primo, a Sella Valsugana, è da ricordare, non perché più importante di altri ma proprio perché era il primo e tutti sanno che “il primo amore non si scorda mai”...
Un aneddoto? Eccolo: Avevamo terminato le prove, (ci stavamo preparando per Arezzo), i cantori erano sul cortile davanti alla casa, la cucina aveva la porta aperta.
I bambini, allora tutti maschi, stavano giocando, a cosa? a pallone, naturalmente!.
Esce la signora Gianotti e, riporto su per giù quello che disse: “ Ehi, mateloti, stè atenti con quel balon, de non tirarlo en cosìna, son drio che preparo el ragù!”
Neanche l’avesse intuito che, cinque minuti dopo: “ SPLASCH! il pallone piomba nella pentola del ragù. Esce la signora Gianotti con il mestolo in mano... “ Chi è sta’?... Silenzio... “ Chi è sta’?, ancora più forte e rossa in viso. “ So’ sta’ mi, mama... non l’ho fat aposta!” Era suo figlio Roberto. Situazione imbarazzante... “ Spiazarol!... e tornò in cucina brontolando: “tuti uguali sti mateloti!”
L’incidente finì lì. Grazie, Roberto! Il ragù, comunque, risultò ottimo!

Del secondo posto ad Arezzo ero rimasto contento, chiaro! ma non soddisfatto.
Potevamo migliorare, al di là del concorso ma, si sa, al concorso si va con tutte le buone intenzioni ma segretamente, una delle prime, si va per vincere e si canta per vincere.
Allora l’anno successivo, rinnovai la domanda. Sentivo i cantori pronti per affrontare il concorso e ambire di più. Ventisette voci mature, belle, grintose, insomma eravamo i “Minipolifonici!”
Lavorammo tantissimo, preparammo un programma tosto, azzardai “Le laudi alla Vergine” di G: Verdi, (avevo un’edizione su cui era scritto “Per voci bianche” e finalmente, via alla volta di Arezzo.
Arezzo 1973 La cronaca finale:
“Attenzione prego, attenzione prego, ventunesimo concorso polifonico internazionale Guido D’Arezzo, categoria cori di voci bianche; la giuria composta dai maestri... ha così votato: pausa... terzo classificato... non noi, secondo classificato... non noi, primo classificato... altra pausa, lunga, pareva non finisse mai, nessuno poteva sapere fino all’ultimo chi sarebbe stato nella terna, avremmo potuto essere risultati anche ultimi... I Min...” basta, non era necessario sentire altro.
Il resto è cronaca già letta nelle precedenti puntate: quanta felicità! quante emozioni! quanta ammirazione per quegli splendidi cantori!
FINE TERZA PARTE

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Nicola, continuavo a dire di farlo e ora lo faccio; come non ricordare i "sughini", il ciclostile e la tua 124 SPORT? Credo che bisognerebbe creare uno spazio per il "museo" dei ricordi...ti ricordi in quanti riuscivamo ad entrare nella tua macchina? E Marco con le sue incitazioni del tipo "Li dominiamo!!!..." o ancora: "Alora chi è che ciapem? El Loli!" Si potrebbe fare un romanzo...intanto io l'ho iniziato...un grosso ma proprio grosso abbraccio Giusy/Beppa